LABAS RYTAS, EUROPA: un accompagnatore a Vilnius

Premessa: quando mi è stato proposto di accompagnare ragazzi delle superiori per un’esperienza di lavoro presso aziende locali in Lituania ho subito ripensato ai miei anni al liceo. Perché non ho potuto avere certe opportunità? Quindi, un po’ incerto sul ruolo, ma elettrizzato da questa esperienza ci ho riflettuto ed accettato in un pomeriggio.

Passare “dall’altra parte”, nel ruolo dell’accompagnatore, era un salto nel buio, ma la vita è fatta di sfide, di treni che passano e di opportunità irripetibili. E allora si preparano le valigie e si va nei Paesi Baltici, in Lituania, più precisamente nella sua capitale Vilnius.

Claudio e il “suo” gruppo in Lituania

Conoscere le ragazze e i ragazzi il giorno della partenza è già di per sé emozionante: leggere nei loro volti i dubbi, la timidezza, le insicurezze ma anche un po’ di eccitazione (rigorosamente da mascherare ai genitori) per queste tre settimane fuori casa in gruppo.

Dopo il volo (per molti dei ragazzi il primo della loro vita), veniamo accolti da questa città che vuole affermarsi come capitale del Baltico, volenterosa di crescere e svilupparsi ancora a neanche 30 anni dall’indipendenza dall’Unione Sovietica. L’impatto con le strade amplissime, i grandi centri commerciali e i grattacieli della zona del nostro ostello è importante per molti, anche se la curiosità lascia ancora il posto alla diffidenza, accentuata da primi giorni “complicati” nei rapporti con l’ostello, i lituani e il cibo locale.

Dopo due giorni di ambientamento e di maggiore conoscenza della città e dei propri compagni di viaggio, arriva il lunedì si comincia con una nuova routine: i ragazzi entrano nelle aziende, conoscono i “boss” e cominciano a lavorare; io comincio ad acquisire dimestichezza con i partner locali, i documenti che dovrò raccogliere e, da subito, con i problemi dei ragazzi. Cercare di consigliarli, supportarli, assecondarli e aiutarli a risolvere i loro crucci diventa la stella polare del mio tempo a Vilnius: loro devono vivere la migliore esperienza possibile.

Scontrarsi con la realtà è dura, e ogni tanto ci si sente soli e un po’ inadeguati o impotenti, specie quando i problemi arrivano anche dall’Italia o non si hanno i mezzi per fare di più: lavori non sempre coerenti con ciò che i ragazzi studiano, problemi familiari a distanza, malanni di stagione che a turno colpiscono tutti (complice anche la pioggia, le temperature rigide ed il vento che dopo la prima settimana diventano una costante), interfacciarsi con persone del posto che non capiscono l’inglese ma con cui devi per forza farti capire.

E allora ti affidi alla tua proverbiale pazienza, alla capacità di problem solving affinata nei tuoi anni lavorativi, ma anche ai tanti elementi che possono portarti conforto momentaneo: una chiamata con la tua compagna o con i familiari, una chat con gli amici, la musica dei Mumford & Sons o dei Queen, le mongolfiere che solcano i cieli tersi di Vilnius e lo spettacolo indescrivibile dell’aurora boreale.

Dalle mie parti si dice che quello che non ammazza ingrassa: le difficoltà mano a mano risolte si trasformano in preziose leve per far ambientare i ragazzi e farli uscire dal guscio, grazie anche alla vicinanza con un altro gruppo di loro coetanei che stanno vivendo la loro stessa esperienza e che alloggiano nel nostro stesso ostello. E soprattutto mi permettono di crearmi un mio equilibrio, lavorare nonostante qualche problema di wi-fi, godermi la città e passare del tempo coi ragazzi, fuori e dentro l’ostello, ascoltando i loro feedback quotidiani sul lavoro e sul loro adattamento.

Poi c’è Vilnius: girare da solo per la Capitale, a piedi o in pullman (a proposito, un sentito grazie agli inventori dell’app “Trafi”), vale per me già tutto il soggiorno; esplorare i luoghi turistici e quelli più locali ti fa conoscere un altro mondo. Ed eccomi a pranzo davanti ai cepelinai o mangiando una kibina per la strada e la domenica si passa alla Siemens Arena a vedere il big match del campionato di basket, una vera e propria religione di stato in Lituania, tanto che davanti al palasport c’è persino un monumento dedicato a questo sport.

Girare per negozi e fare spesa in un supermercato Maxima o nei grandi centri commerciali come l’Akropolis (il più grande del Baltico), magari inframezzandolo con un film in 5D, ti rilassa e ti fa conoscere la quotidianità dei lituani, forse all’apparenza un po’ freddi (pelle chiara e occhi cerulei sono belli ma non aiutano molto a creare empatia) ma sempre pronti a darti un’indicazione o ad aiutarti quando sei in difficoltà con la lingua.

Vedere la città dalla Torre della Televisione o dalla Collina delle Tre Croci ti fa capire l’ambizione presente e futura della città, così come è grande la sorpresa nell’ammirare la guida ultrasportiva, non propriamente nordica, dei lituani. E poi le emozioni contrastanti: dalla meraviglia degli aceri multicolori che caratterizzano l’autunno lituano, al magone nell’attraversare le vecchie carceri e le sale di registrazione del KGB. Ma ogni paese è bello nei suoi contrasti e la Lituania non fa eccezione.

Intanto i ragazzi si aprono e cominciano ad esplorare, anche se ben ancorati ad alcuni punti di riferimento ben conosciuti (come McDonald’s). Conoscono altri giovani lituani, vanno a fare sport, escono con i colleghi di lavoro, persino il cibo sembra migliore; e nel weekend tutti al Salento (discoteca ad impronta italiana, dal proprietario alla musica) o in un locale di Vilnius Gatve o di Ausros Varte. Il lavoro ormai va avanti con scioltezza, un po’ più di sicurezza con i pullman locali e con questa nuova quotidianità: la lavanderia, il supermercato, fino alle bancarelle dove poter comprare qualche souvenir di ambra (autentico must dell’artigianato locale).

Così man mano i giorni passano, il lavoro finisce e cominciano i questionari riepilogativi, i documenti da compilare e firmare (tornare con oltre 1500 documenti da raccogliere in toto non è una passeggiata) e le ultime attività da portare a termine prima di salutare gli amici, le nostre tutor locali Aiste e Akvile (encomiabili e pazienti nonostante le emergenze e alcune nostre superficialità). Le lacrime sono impossibili da non versare, ma si torna in Italia e dalle proprie famiglie, rifugi sicuri per ragazzi che iniziano ora a scoprire il mondo. Si torna cambiati, anche se forse qualcuno se ne renderà meglio conto più avanti, confrontandosi di nuovo con quella che prima di partire era la propria quotidianità.

E io? Ancora di più ringrazio chi ha pensato a me per questa opportunità e fa un piacere immenso sentirsi a propria volta ringraziare sinceramente dai genitori dei ragazzi, dai partner esteri e da quelli italiani per quanto fatto. Ripenso a tante cose: al fatto che mi mancano un po’ questi ragazzi anche se spesso mi hanno messo a dura prova; ai loro occhi contenti davanti al lago di Trakai o in discoteca; alle difficoltà incontrate, senza le quali forse mi sarei goduto meno tutte le cose bellissime.

Per ora, con gioia e un po’ di malinconia nel cuore, ciao Lituania! O forse, chissà, iki pasimatymo (arrivederci)!


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