Annalisa è diventata socia di Uniser. Breve incipit del suo percorso cooperativo

Annalisa è ufficialmente diventate socia di Uniser. Lei e Sandro (altro nuovo socio della cooperativa) sono stati i primi a partecipare al percorso descritto nel Manuale del Giovane Socio. Di cosa si tratta? Una breve pubblicazione, illustrata dal nostro Chris di Pio Pictures, che contiene le risposte a (quasi) tutte le domande su cosa sia e come funzioni una cooperativa che ogni nuovo lavoratore e collaboratore di Uniser potrebbe porsi. All’interno del manuale c’è un percorso a tappe che deve intraprendere chiunque faccia domanda di diventare socio: perché entrare a far parte di Uniser è prima di tutto una presa di consapevolezza dei valori che sottendono alla nostra cooperativa.

Ad ogni tappa corrisponde un badge che il futuro nuovo socio riceve come certificazione del lavoro fatto. I badge sono digitali e gestiti tramite la piattaforma badgecraft. Ma l’ultimo badge, quello che sblocca e ufficializza l’ingresso nella compagine sociale è fisico e tangibile. Anzi, molto di più: è un quadro dipinto a mano sempre dall’instancabile Chris, che rappresenta un valore che incarna il nuovo socio.

Benvenuta Anna: ci auguriamo che il tuo entusiasmo diventerà contagioso.

Ma lasciamo direttamente la parola ad Anna che ci parla della sua scelta di diventare socia Uniser.

Breve incipit di un percorso cooperativo. Dove si racconta di come e perché sono diventata socia di Uniser, attraverso le domande che mi ha posto la mia mentor e nuova socia, Lucia.

Come sei arrivata ad Uniser?

Credo che la risposta a questa domanda sia comune a quella di molti altri miei colleghi: grazie ad Andrea. In quel periodo capitava spesso che mi raccontasse dei suoi sogni rispetto a ciò che voleva essere un’ ”azienda dove chiunque avrebbe desiderato lavorare”. Mio padre è un imprenditore ma una frase del genere non l’ha mai detta, quindi mi si è accesa la miccia della curiosità. Chiaramente, c’erano anche altri aspetti che mi incuriosivano: tutti i miei amici dell’università stavano facendo dei tirocini in grandi organizzazioni internazionali, posti molto competitivi dove per riuscire bisognava lottare contro tutto e tutti, farsi sfruttare dai superiori, resistere a volte con l’unico obiettivo di avere una voce in più nel curriculum. Io non mi ritengo una persona debole, non ho paura delle sfide, ma sognavo qualcosa di diverso. Io volevo lavorare per un progetto che fosse comune e condiviso tra diverse persone, volevo che i colleghi fossero i miei alleati e non i miei rivali, soprattutto volevo avere la possibilità di toccare con mano i frutti del mio lavoro, di misurarne l’impatto sulla comunità attorno a me. Sognavo Uniser e ancora non lo sapevo.

Come mai hai deciso di diventare socia?

L’ho già detto che sono molto curiosa? Per me è stata una scelta naturale. Come si può lavorare in un posto sapendo che potresti saperne di più, conoscerlo meglio, imparare cose che ancora non sai, e decidere di non farlo? Per quanto mi riguarda è stato amore a prima vista, ho solo aspettato di mettere da parte la quota iniziale. Questa è stata la vera scelta: avrei potuto chiedere i soldi ai miei genitori, me li avrebbero dati in poco tempo, però ho deciso che non era la mia strada, volevo essere sicura al cento per cento di quel che facevo. Credo ai colpi di fulmine, ma credo anche che gli amori vadano sottoposti alle prove del tempo, della fatica, dei momenti difficili, solo alcuni hanno le qualità necessarie per sopravvivere. Questo evidentemente ce l’ha fatta.

Come vedi uniser tra 10 anni?

La vedo come un’azienda libera. La immagino ubicata in molti luoghi diversi ma connessi tra loro, per lavorare, parlando lingue diverse, facendo cose diverse, collegati da un unico filo sottile. Immagino persone che lavorano con entusiasmo, per cui il lavoro sia un piacere e non solo un mezzo di sostentamento. Vedo ragazzi giovani, che dopo aver vissuto esperienze di mobilità con noi decidono di aiutarci a organizzarle per altri. Vedo gli stessi colleghi di adesso (con un po’ di pancia e qualche capello bianco in più), felici per come l’idea iniziale sia cresciuta, che continuano a fumare sigarette insieme scherzando con la portinaia. Immagino attività meglio organizzate, qualitativamente più elevate, una migliore conoscenza del nostro target che ci permetta di organizzare esperienze sempre più incisive. Sogno un controllo qualità continuo sulle nostre attività in grado di registrare la soddisfazione, non solo dei ragazzi, ma anche dei lavoratori.
E soprattutto, quando saremo in cento, in mille, da noi mi aspetto che riusciremo a trovare il modo di essere ancora così: capaci di ascoltarci, di litigare, di aiutarci l’un l’altro, di sbagliare e poi correggerci, spero insomma che l’elemento umano resti sempre il cuore vivido e pulsante della cooperativa.

Come vedi te stessa in cooperativa tra 10 anni?

Senza pancia né capelli bianchi, ovviamente. Mi vedo più grande, in tutti i sensi, circondata da un’evidente aura di calma serafica e chiaroveggenza. Scherzi a parte, questa è stata la domanda più difficile e più semplice allo stesso tempo. Quando me l’hai chiesto, non credo tu volessi sapere dove mi vedo nell’organigramma, che salario vorrei guadagnare, quante persone avere sotto o sopra di me. Questo non è importante, e comunque non saprei risponderti: con il tempo i desideri cambiano su ciò che non è essenziale.
Invece, la risposta essenziale è semplice e perciò vera: tra dieci anni ad Uniser mi vedo felice e questa è la ragione ultima (o prima) che mi rende sicura di voler essere proprio qui e in nessuno degli altrove possibili.


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