Intervista a Léa: paure e aspettative per un’esperienza di lavoro all’estero

Ciao a tutti! Mi chiama Léa, vengo dalla Francia e precisamente da Bordeaux! Ho 23 anni e sono qui per svolgere il servizio civile con la cooperativa di UNISER a Forlì per sei mesi.

Perché hai scelto di fare questa esperienza e perché in Italia?

Onestamente? Avevo bisogno di prendere una nuova ventata d’aria!
Dopo l’università e differenti corsi all’estero, ho lavorato per 2 anni nel commercio del vino a Bordeaux. Anche se era gratificante, ho capito che non volevo continuare in questo settore. Ero completamente disorientata. Avevo bisogno di ragionare, di conoscermi meglio. E che cosa c’è meglio di partire e andare all’estero per potere essere lontano dalla quotidianità e quindi pensare al proprio futuro con più serenità? Come potevo farlo? Andare da sola con uno zaino? Un visto vacanza/lavoro ? Mi sono posta un sacco di domande. Un giorno sono andata prendere un caffè con un amico e abbiamo parlato del servizio civile. Ho trovato questa idea molto interessante per prendere un “anno di pausa”. Però non volevo farlo in Francia. Volevo partire per un paese nuovo e andare alla scoperta di un mondo che non conoscevo. Dopo diversi mesi di ricerche, ho trovato due progetti in due paesi totalmente opposti l’uno dall’atro.
Il primo era in Guinea per partecipare a un progetto di volontariato con i giovani e la seconda era in Italia per potere lavorare a dei progetti di mobilità internazionale. Visto che il servizio civile si può fare solo una volta, la decisione non è stata semplicissima. Guinea o Italia? Per me la Guinea rappresentava uno shock culturale e un immenso disorientamento. Dall’altra parte, c’era l’Italia, la dolce vita, la ricchezza architettonica e ovviamente la qualità della cucina! Non era affatto facile. La cosa che ha fatto pendere l’ago della bilancia è stata la lingua! Infatti, quando viaggio mi imparare una lingua nuova e in Guinea, la lingua ufficiale è proprio  il francese.
Di conseguenza eccomi qui,  Forlì, in Italia.

Cosa ti aspetti da questa esperienza?

Le mie aspettative sono diverse e varie! La prima è quella di imparare la lingua per poter così partecipare facilmente alle conversazioni! Poi vorrei frequentare persone del posto… ma non solo, magari anche altri “stranieri” e condividere esperienze!

Vorrei inoltre crescere sul piano professionale, imparare cose nuove per avere una nuova idea di quello che voglio fare. E infine, voglio assolutamente scoprire l’Italia in tutti i suoi aspetti. 

Quali sfide ti aspetti di dover affrontare?

La prima sfida che incontro è naturalmente quella della lingua. Ho studiato italiano al liceo per solo un anno. Prima di partire, ho fatto qualche lezione per rimettermi in allentamento. Non è una cosa facile, dal momento che sono sei anni che non pratico l’italiano. Anche perché una lingua non è una cosa che si impara seduti su una sedia a studiare. E quale posto migliore per impararla se non direttamenta in Italia? Bisogna però essere motivati, perché i primi mesi sono i più duri.

Penso inoltre all’integrazione: arrivare in nuovo paese che non è il tuo può risultare destabilizzante. Infatti, perdiamo i nostri riferimenti e il nostro quotidiano: bisogna adattarsi, ricrearsi una reta di persone e conoscere un ambiente tutto nuovo.

Sarebbe fantastico se tutti i giovani facessero un’esperienza del genere. Secondo te perché molti ne sono spaventati?

Sarebbe bellissimo, però penso che non tutti i giovani siano disposti a partire per un lungo periodo e stare lontani da casa. Infatti, non è semplice lasciare tutto ed essere soli ad affrontare tutto questo. Bisogna desiderare un po’ di “avventura”. Infatti, andare a vivere in un altro paese a lungo è completamente diverso rispetto a fare un viaggio o una vacanza. Quando sei un turista la tua esperienza è per forza meno forte perché non hai bisogno di adattarti. Mi ricordo che qualche amico mi ha detto che non lui non ce l’avrebbe mai potuta fare.
E questo è un vero peccato, perché è solo superando le nostre paure che riusciamo scoprire realmente noi stessi. Penso che vivere senza prendere alcun rischio non ci permetta di crescere. Fortunatamente invece oggi abbiamo molte opportunità per andare all’estero e vivere belle esperienze! Non parlo solo del piano personale, ma anche di quello professionale: lavorare fuori dal proprio paese è molto gratificante.

Il primo mese in Italia: cosa hai amato e cosa invece non ti è piaciuto?

Un mese è corto ma davvero intenso! In particolare quello che mi piace di più sono i miei progressi nella lingua, davvero impressionanti. Ho poi incontrato molte persone, diverse le une dalle altre: amo la diversità, per questo voglio conoscere sia italiani che stranieri… esclusi i francesi, quelli li conosco già a Bordeaux! Ovviamente non posso non citare la cucina… ma per ora mi sto solo ambientando, potrò dirvi di più fra qualche mese! Ci sono poche cose che non mi piacciono: forse citerei il freddo invernale. E anche il pane e il burro italiani, ho provato ma non riesco a mangiarli! Preferisco il pane e il burro francesi. 

 Che cosa ti spaventa di più di questa esperienza?

La mia più grande paura, in futuro, è quella di avere nostalgia di casa. Vivere all’estero è sinonimo di avventure eccitanti e di possibilità infinite. Tuttavia immergersi in nuova cultura e in una nuova vita può essere stressante e opprimente. Per far fronte a questi piccoli inconvenienti occupo tutto il mio tempo libero (gite/viaggi/ristoranti/concerti) e pianifico chiamate Skype con la mia famiglia e i miei amici. 


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